Antonio Gramsci viene eletto deputato del Regno d’Italia nell’aprile del 1924; nello stesso anno diviene segretario del Partito Comunista d’Italia. Il 27 giugno 1924, a seguito dell’omicidio di Giacomo Matteotti, i deputati comunisti, insieme a quelli degli altri partiti — ad esclusione, ovviamente, dei fascisti — danno vita alla secessione dell’ Aventino.
Il gruppo comunista guidato da Gramsci, dopo aver tentato inutilmente di portare tutte le opposizioni allo sciopero generale, rientra in aula il 27 novembre 1924; in precedenza, il deputato comunista Luigi Repossi era rientrato alla Camera dei deputati per commemorare in Assemblea Matteotti a nome del partito.
Sabato 16 maggio 1925, Antonio Gramsci, in un’aula in cui erano presenti i soli deputati fascisti e comunisti, pronunciò il suo primo e unico discorso alla Camera dei deputati, sul disegno di legge Mussolini-Rocco contro la massoneria, che in realtà bandiva ogni forma di partito e associazione antifascista.
In occasione del centesimo anniversario di questo importante intervento, proponiamo l’ascolto di quel testo, interpretato magistralmente da Giacomo Casti e con la regia audio di Simone Murtas.
Gramsci raccontò a un compagno di prigionia, a Turi, che mentre era in attesa che gli schiamazzi dei deputati fascisti si placassero e che il presidente della Camera lo autorizzasse a parlare, venne avvicinato dal “quadrumviro” Italo Balbo, il quale gli disse: «Non temere, nessuno ti farà niente, sto io qui vicino a te, tu […] pensa solo a fare un bel discorso come sai fare». Gramsci diede la seguente spiegazione di questo atteggiamento: «Italo Balbo si atteggia a uomo di cultura e ha voluto dimostrare di differenziarsi e di essere al di sopra del grigiore dei deputati del suo partito, di essere, dal punto di vista culturale, di altra natura».
Gramsci denunciò in Parlamento quella legge: ne nacque un animato dibattito con Mussolini, che presto decise di sopprimere quell’intelligenza troppo scomoda al potere, riservandole il carcere. Sono passati cent’anni, eppure quel discorso sembra trovare ancora oggi una sua attualità.
Questa testimonianza ci ricorda quanto, ancora oggi, la passione individuale possa essere un motore del dissenso contro le forme di prevaricazione e violenza che furono nello stile del regime fascista. Ci ricorda anche una delle menti più vive e umane del nostro Paese, che dal carcere continuò ad animare il suo privato dissenso, scrivendo le lettere e i quaderni che ci sono rimasti in eredità.
Buon ascolto, buon dissenso, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza, di tutto il nostro entusiasmo, di tutta la nostra forza.
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